Dio parla agli uomini come ad amici

Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelarsi in persona e manifestare il mistero della sua volontà (cfr. Ef 1,9), mediante il quale gli uomini per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne, hanno accesso al Padre nello Spirito Santo e sono resi partecipi della divina natura (cfr. Ef 2,18; 2 Pt 1,4). Con questa Rivelazione infatti Dio invisibile (cfr. Col 1,15; 1 Tm 1,17) nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici (cfr. Es 33,11; Gv 15,14-15) e si intrattiene con essi (cfr. Bar 3,38), per invitarli e ammetterli alla comunione con sé. Questa economia della Rivelazione comprende eventi e parole intimamente connessi, in modo che le opere, compiute da Dio nella storia della salvezza, manifestano e rafforzano la dottrina e le realtà significate dalle parole, mentre le parole proclamano le opere e illustrano il mistero in esse contenuto. La profonda verità, poi, che questa Rivelazione manifesta su Dio e sulla salvezza degli uomini, risplende per noi in Cristo, il quale è insieme il mediatore e la pienezza di tutta intera la Rivelazione (Dei Verbum, 2)

Guido Benzi, “Quindici passi nella Dei Verbum”, Bologna 2015

Non si può trattare la Scrittura come una specie di dizionario capace di suggerire la risposta giusta ad ogni questione. La parola di Dio non si lascia possedere in facili cataloghi. Dio si rivela nella vita degli uomini, attraverso la loro cultura, attraverso il loro linguaggio. Egli si intrattiene con noi. Per questo la Bibbia risulta complessa per chi volesse sfogliarla come un catalogo di idee. È invece profonda e avvincente per chi accetta il fatto che nella Bibbia venga narrata la vita. Sì, perché la vita è complessa e la Bibbia non mette mai a tacere questa complessità. Dio rispetta la vita degli uomini, la assume, vuole riempirla dal di dentro, per salvarla; altrimenti, come farebbe a rivelarsi come un amico?

Nella Bibbia c’è tutto: sono rivelati il bene e il male, mescolati, come nel cuore dell’uomo, perché Dio ama l’uomo, con tutte le sue fragilità. Ci sono le passioni, i grandi slanci di generosità e le piccole meschinità, talvolta racchiusi nello stesso personaggio e nello stesso racconto: Sansone, Davide, Pietro… Nella Scrittura sono raccontate la cattiveria e la crudeltà di cui purtroppo si macchia l’animo dell’uomo. E ci sono la fede, la speranza, la carità che Dio dona ad ogni essere umano. C’è la sua voglia di ricominciare ogni volta con l’umanità, la sua infinita pazienza di fronte al “cuore indurito” di ogni uomo.

Tutto questo forse ci scandalizza: forse vorremmo dalla Bibbia la perfezione cristallina e svincolata dalla storia di altri testi sacri, che dicono di essere “pura” parola di Dio, dono fatto scendere dal cielo agli uomini. Ma la fede cristiana nell’incarnazione ci obbliga invece a pensare a un Dio che si spiega all’umanità, che ne assume la carne. Così la parola dell’uomo assume la parola dell’uomo, assume la sua storia, senza menzogna, senza errore, descrivendo l’uomo fino in fondo, anzi rivelando il vero volto dell’uomo all’uomo. Questo accade – dice il concilio – attraverso “eventi e parole” intimamente connessi tra di loro…

Questa straordinaria unione di evento e parola, di vita e mistero rivelato, ha il suo culmine in Gesù. Egli viene chiamato alla fine di questo densissimo testo “il mediatore e la pienezza di tutta la rivelazione“. Egli è il mediatore in quanto è l’inviato del Padre, la cui venuta è preparata da tutto l’Antico Testamento, ed è la pienezza in quando Dio è totalmente e gratuitamente si rivela in lui.

(tratto da Guido Benzi, “Quindici passi nella Dei Verbum. Guida alla lettura della costituzione dogmatica sulla divina rivelazione“, Bologna 2015, pp. 32-33)