Primo incontro del Consiglio pastorale parrocchiale

Questa sera non farò una relazione sullo stato della parrocchia, poiché dovreste essere voi a raccontare la parrocchia a me. Proverò a rispondere a tre domande: chi siamo? Perché il Consiglio pastorale? Come, quando e dove?

Lo farò citando, soprattutto tre documenti del Magistero della Chiesa: la Lumen gentium del Concilio Vaticano II, la L’esortazione apostolica Evangelii gaudium di Francesco e la bolla di indizione del Giubileo straordinario della misericordia Misericordiae vultus.

Chi siamo?

Cercando di non dilungarmi molto vorrei, innanzitutto, ringraziare ciascuno di voi per avere accettato, nelle diverse forme, di servire la nostra comunità cristiana, piccola porzione di Chiesa, che il Concilio Vaticano II ha voluto definire come “popolo di Dio”.

Perché il Consiglio pastorale parrocchiale?

Nella costituzione dogmatica sulla Chiesa, intitolata Lumen gentium, ci viene insegnato:

I laici, come tutti i fedeli, hanno il diritto di ricevere abbondantemente dai sacri pastori i beni spirituali della Chiesa, soprattutto gli aiuti della parola di Dio e dei sacramenti; ad essi quindi manifestino le loro necessità e i loro desideri con quella libertà e fiducia che si addice ai figli di Dio e ai fratelli in Cristo. Secondo la scienza, competenza e prestigio di cui godono, hanno la facoltà, anzi talora anche il dovere, di far conoscere il loro parere su cose concernenti il bene della Chiesa. Se occorre, lo facciano attraverso gli organi stabiliti a questo scopo dalla Chiesa, e sempre con verità, fortezza e prudenza, con rispetto e carità (…). I laici, come tutti i fedeli, con cristiana obbedienza prontamente abbraccino ciò che i pastori (…), stabiliscono in nome del loro magistero e della loro autorità nella Chiesa (…). I pastori, da parte loro, riconoscano e promuovano la dignità e la responsabilità dei laici nella Chiesa; si servano volentieri del loro prudente consiglio, con fiducia affidino loro degli uffici in servizio della Chiesa e lascino loro libertà e margine di azione, anzi li incoraggino perché intraprendano delle opere anche di propria iniziativa. Considerino attentamente e con paterno affetto in Cristo le iniziative, le richieste e i desideri proposti dai laici e, infine, rispettino e riconoscano quella giusta libertà, che a tutti compete nella città terrestre.

Da questi familiari rapporti tra i laici e i pastori si devono attendere molti vantaggi per la Chiesa: in questo modo infatti si afferma nei laici il senso della propria responsabilità, ne è favorito lo slancio e le loro forze più facilmente vengono associate all’opera dei pastori. E questi, aiutati dall’esperienza dei laici, possono giudicare con più chiarezza e opportunità sia in cose spirituali che temporali; e così tutta la Chiesa, forte di tutti i suoi membri, compie con maggiore efficacia la sua missione per la vita del mondo.[1]

Come cammineremo insieme?

In questi anni saremo guidati dall’esortazione apostolica Evangelii gaudium, con la quale papa Francesco ha voluto rivolgersi ai fedeli cristiani “per indicare vie per il cammino della Chiesa nei prossimi anni”[2]. Insieme alla Lumen gentium, questo testo sarà un costante punto di riferimento per tutti noi.

Dunque, in questi cinque anni, siamo chiamati a diventare una comunità cristiana che sa “uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo”.[3]

E il nostro vivere la fede deve essere caratterizzato dalla gioia missionaria di chi attraversa le strade del mondo, lasciandosi sorprendere e guidare dalla Parola di Dio, dove essa vuole, anche quando sfugge le nostre previsioni e rompe i nostri schemi.[4] “Fedele al modello del Maestro, è vitale che oggi la Chiesa esca ad annunciare il Vangelo a tutti, in tutti i luoghi, in tutte le occasioni, senza indugio, senza repulsioni e senza paura” (cfr. EV 23).

Affinché questo avvenga, seguendo le parole del Papa, dovremo imparare ad essere una comunità di discepoli che prendono l’iniziativa, si coinvolgono, accompagnano, fruttificano e festeggiano. Sono proprio queste le azioni che Francesco indica.

  • Prendere l’iniziativa, senza paura, e andare incontro ai lontani e arrivare agli incroci delle strade per invitare gli esclusi. Non a causa di una supposta superiorità, ma poiché abbiamo sperimentato per primi la misericordia di Dio su di noi.
  • Da questo sentirsi responsabili nasce il coinvolgimento: “la comunità evangelizzatrice si mette mediante opere e gesti nella vita quotidiana degli altri, accorcia le distanze, si abbassa fino all’umiliazione se è necessario, e assume la vita umana, toccando la carne sofferente di Cristo nel popolo”.
  • E poi l’accompagnamento, il farsi prossimo, il tempo della pazienza di chi ha seminato ed ora attende un raccolto abbondante, con l’aiuto del Signore.
  • Senza mai lasciarsi distrarre, poiché è urgente fruttificare, e anche saper riconoscere i frutti, senza perdere la pace a causa della zizzania, nella speranza.
  • Infine, nella gioia, celebriamo e festeggiamo ogni tempo, ogni segno, ogni frutto. Nella bellezza della liturgia e nella santità della quotidianità.

Quando e dove?

Tutto questo riguarda la vita di tutti i membri della nostra comunità, ma a noi spetta il compito e la responsabilità di aiutare tutti a percorrere queste strade. I tempi e i luoghi del nostro servizio sono il quotidiano abitato dalla Grazia di Dio: la celebrazione eucaristica domenicale e le strade che percorriamo ogni giorno; la Parola di Dio e l’incontro con i fratelli; l’interesse alla vita di tutti e al cammino di ciascuno.

Molte cose le scopriremo cammin facendo e sarà un bel camminare insieme.

Pensando alle difficoltà che incontreremo, e ai limiti e al peccato che talvolta ci distoglieranno dal cammino, voglio ricordare le parole del Papa nella bolla di indizione del Giubileo straordinario.

Abbiamo sempre bisogno di contemplare il mistero della misericordia. È fonte di gioia, di serenità e di pace. È condizione della nostra salvezza. Misericordia: è la parola che rivela il mistero della SS. Trinità. Misericordia: è l’atto ultimo e supremo con il quale Dio ci viene incontro. Misericordia: è la legge fondamentale che abita nel cuore di ogni persona quando guarda con occhi sinceri il fratello che incontra nel cammino della vita. Misericordia: è la via che unisce Dio e l’uomo, perché apre il cuore alla speranza di essere amati per sempre nonostante il limite del nostro peccato.

Ci sono momenti nei quali in modo ancora più forte siamo chiamati a tenere fisso lo sguardo sulla misericordia per diventare noi stessi segno efficace dell’agire del Padre. È per questo che ho indetto un Giubileo Straordinario della Misericordia come tempo favorevole per la Chiesa, perché renda più forte ed efficace la testimonianza dei credenti.[5]

Anche per questo desidero che durante questo anno ci adoperiamo affinché siano guarite alcune ferite della nostra comunità, siano ricomposte alcune divisioni, affinché tutti possano sentirsi a casa.

[1] Concilio Vaticano II, Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium, 37.

[2] Francesco, Esortazione apostolica Evangelii gaudium, 1.

[3] Francesco, Esortazione apostolica Evangelii gaudium, 20.

[4] Cfr. Francesco, Esortazione apostolica Evangelii gaudium, 22.

[5] Bolla di indizione del giubileo straordinario della misericordia Misericordiae vultus, 2-3.